7/5/2025

Come trasformare i lead in clienti con una strategia di email nurturing efficace

Come trasformare i lead in clienti con una strategia di email nurturing efficace

Non tutti i lead sono pronti ad acquistare nel momento in cui entrano in contatto con un brand. Alcuni stanno ancora esplorando le opzioni disponibili, altri necessitano di tempo e informazioni per maturare una decisione. Ecco perché oggi, in una strategia di digital marketing davvero efficace, non basta generare lead: bisogna saperli accompagnare nel tempo.
Ed è proprio qui che entra in gioco il lead nurturing: un insieme di azioni pensate per coltivare il rapporto con i potenziali clienti, fornendo loro le informazioni giuste al momento giusto, fino a guidarli, in modo naturale, verso una decisione di acquisto consapevole.
Tra tutti i canali a disposizione per questa attività, l’email è sicuramente uno dei più potenti, perché permette di costruire relazioni personalizzate, scalabili e misurabili, automatizzando gran parte del processo.
Quando email marketing e lead nurturing si uniscono per raggiungere un obiettivo comune, ecco che possiamo parlare di email nurturing, l’arte (e la scienza) di creare percorsi via email che nutrono la relazione con ogni lead, passo dopo passo.

In questo articolo analizzeremo come strutturare una strategia di email nurturing efficace, quando usarla, quali contenuti inviare, come segmentare e soprattutto quali risultati aspettarsi.

Cos’è l’email nurturing e perché è così efficace

Prima di passare agli aspetti pratici, vale la pena chiarire cosa si intende con email nurturing e perché rappresenta oggi una leva strategica per costruire relazioni durature con i lead.  

L’email nurturing può essere definito come una strategia che consiste nell’inviare una serie di email automatizzate e personalizzate, progettate per costruire una relazione solida e progressiva con un potenziale cliente, in base alla sua posizione all’interno del funnel di vendita.

Niente newsletter promozionali, insomma, ma contenuti pensati ad hoc per rispondere a bisogni specifici, stimolare l’interesse e guidare le decisioni.  
In una campagna di email nurturing, ogni messaggio ha un ruolo preciso all’interno di un percorso più ampio, dove tempistiche, tono e contenuto sono definiti sulla base del comportamento e delle caratteristiche del destinatario.

In un contesto in cui le decisioni d’acquisto si basano sempre più su informazioni, fiducia e relazioni, l’email nurturing rappresenta uno degli strumenti più potenti per mantenere il contatto con i lead nel momento in cui serve davvero: quando sono pronti ad ascoltare.

Oltre a questo, ciò che contribuisce a rendere l’email nurturing così efficace è la sua capacità di connettere strategia e automazione: attraverso l’email marketing automation è possibile infatti raggiungere migliaia di contatti in modo scalabile, senza rinunciare alla personalizzazione e alla coerenza del messaggio. E non solo, perché grazie ai dati raccolti durante le interazioni, ogni flusso può essere continuamente ottimizzato per migliorare performance e risultati nel tempo.

infografica con i 5 obiettivi dell'email nurturing

Obiettivi dell’email nurturing

Come abbiamo visto, l’email nurturing è una leva strategica per costruire e coltivare la relazione con i lead nel tempo. Ma per essere davvero efficace, deve nascere da una domanda chiara: cosa si vuole ottenere?

La verità, infatti, è che non esiste un solo obiettivo valido per ogni contesto. A seconda del tipo di azienda, del ciclo di vendita, del prodotto o servizio offerto, una strategia di nurturing può servire a raggiungerne di diversi. Ecco perché per evitare azioni generiche e ottenere risultati davvero misurabili, è buona norma partire con il passo giusto, ovvero definendo con precisione gli obiettivi che si intendono raggiungere attraverso la campagna di email nurturing. Solo così sarà possibile progettare contenuti coerenti e strutturare flussi realmente efficaci.

Detto ciò, può essere utile sapere che tra gli obiettivi più comuni del lead nurturing tramite email troviamo:

  • Educare e informare: offrire contenuti utili che aiutano il lead a comprendere meglio il proprio problema, le possibili soluzioni e il valore della proposta dell’azienda. È particolarmente utile nelle fasi iniziali del funnel o nei settori ad alta complessità.
  • Rafforzare la relazione con il brand: ogni messaggio ben costruito contribuisce a creare un senso di familiarità, autorevolezza e coerenza. La relazione non si basa più solo sul prezzo o sul prodotto, ma su una connessione di fiducia.
  • Guidare alla conversione: il nurturing aiuta a sciogliere i dubbi e ridurre l’incertezza, accompagnando il lead verso una decisione. I contenuti diventano gradualmente più orientati all’azione, fino alla proposta commerciale vera e propria.
  • Accorciare il ciclo di vendita: un buon flusso di email anticipa domande e obiezioni, facilitando il lavoro del team commerciale e velocizzando le scelte d’acquisto.
  • Qualificare meglio i lead: i comportamenti dei destinatari (aperture, click, interazioni) offrono segnali chiari su interesse e maturità. Questi dati possono essere utilizzati per segmentare meglio e ottimizzare i successivi step di marketing o vendita.

Progettare il viaggio del lead, un’email alla volta

Un flusso di email nurturing ben costruito non è una sequenza casuale di messaggi, ma un vero e proprio percorso progettato per rispondere alle esigenze del lead in ogni fase del suo processo decisionale. Ogni email ha un ruolo preciso: introdurre, approfondire, rafforzare, spingere all’azione.

La struttura di questi flussi dipende da diversi fattori, tra cui gli obiettivi, la tipologia di lead e la fase del funnel, ma segue spesso una progressione ricorrente. Ecco una possibile articolazione di un percorso tipo:

  • Email di benvenuto: è il primo contatto. Serve a presentare il brand, stabilire il tono della relazione e anticipare il valore che il lead potrà ottenere. È il momento giusto per una panoramica chiara e per una prima CTA non invasiva.
  • Email di valore: contiene link a risorse utili come articoli, guide, video o casi studio. L’obiettivo è offrire contenuti che aiutino il lead a informarsi, a capire meglio i propri bisogni e a percepire l’azienda come un riferimento competente.
  • Email di approfondimento: qui si può entrare più nel merito di prodotti, servizi o soluzioni specifiche. È il momento per rispondere a dubbi frequenti, raccontare esperienze di altri clienti o proporre una demo.
  • Email orientate all’azione: quando il lead ha ricevuto abbastanza informazioni, è possibile proporre un contatto diretto, un’offerta, una consulenza. Il tono diventa più deciso, ma sempre coerente con quanto costruito in precedenza.

Naturalmente, questa sequenza è solo un esempio. Ogni flusso di email nurturing va adattato in base ai dati raccolti, al comportamento dell’utente e agli obiettivi della campagna. L’importante è che ogni passaggio sia coerente, contestualizzato e rilevante, così che il viaggio del lead sia fluido, naturale e guidato.

flusso ideali di email nurturing

Segmentazione e personalizzazione: il cuore di un nurturing efficace

Per garantire davvero questa coerenza, però, non basta costruire una sequenza logica di email. Serve una strategia che sappia riconoscere a chi ci si sta rivolgendo, in quale fase del percorso si trova e quali contenuti sono più rilevanti in quel preciso momento.

Inviare lo stesso messaggio a tutti i contatti, senza distinguere tra chi ha appena conosciuto il brand e chi è già pronto a convertire, ad esempio, è uno degli errori più comuni nelle campagne email. E uno dei più costosi, in termini di engagement, tempo e opportunità.

Per evitare di incappare in questo errore, accorre in aiuto la segmentazione, uno dei pilastri dell’email nurturing e dell’email marketing in generale. La segmentazione, infatti, permette di dividere il database in gruppi omogenei in base a criteri rilevanti come il comportamento, la fase del funnel, l’interesse espresso o i dati demografici. In questo modo, ogni contenuto può essere calibrato sulle reali esigenze di chi lo riceve, aumentando esponenzialmente la probabilità di raggiungere l’obiettivo.

Ma la segmentazione da sola non basta. A fare la differenza è la capacità di personalizzare il messaggio non solo nel contenuto, ma anche nel tono, nella frequenza e nella proposta. Personalizzare significa parlare proprio a quella persona, in quel momento, con informazioni pertinenti. Significa, in altre parole, rendere ogni email rilevante.

Nella pratica, questo si traduce in oggetti email mirati, call to action contestualizzate, suggerimenti dinamici, riferimenti ai comportamenti passati. E, soprattutto, nella sensazione per chi legge di essere visto, ascoltato e accompagnato, non di essere semplicemente un contatto tra i tanti.

Quando segmentazione e personalizzazione lavorano insieme, ogni lead percepisce il flusso di email come un’esperienza coerente e pensata su misura. È questo che trasforma un database in una relazione.

Email nurturing e automazione: i tool per rendere scalabile la strategia di lead nurturing

Come abbiamo visto fin qui, una strategia di email nurturing efficace richiede continuità, coerenza e personalizzazione. Ma gestire tutto questo manualmente sarebbe impossibile, soprattutto quando si lavora con volumi importanti o funnel complessi.  
Per fortuna, oggi esistono soluzioni, piattaforme e tecnologie in grado di automatizzare gran parte delle attività operative, permettendo di concentrarsi su ciò che conta davvero: la strategia, i contenuti, la relazione.

Quando si parla di email nurturing, l’automazione è un importante supporto tecnico, ma è soprattutto ciò che rende possibile trasformare una buona idea in un sistema vivo, fluido, capace di adattarsi ai comportamenti e ai tempi di ogni lead. Oltre a permettere di risparmiare tempo prezioso, il suo valore sta infatti nella possibilità di definire percorsi su misura, attivati da trigger specifici come la compilazione di un form, il download di una risorsa, l’apertura di un’email precedente o un periodo di inattività.

Insomma, grazie ai software di email marketing automation, si possono costruire flussi dinamici, testare varianti, modulare frequenze e contenuti in funzione delle azioni compiute. Il risultato è una comunicazione più coerente, più reattiva e, soprattutto, più efficace e scalabile.

Le piattaforme in commercio oggi (da Mailchimp ad ActiveCampaign, da HubSpot a Klaviyo) offrono una gamma sempre più ampia di funzionalità: editor visuali, test A/B, segmentazione avanzata, punteggio dei lead (lead scoring), reportistica dettagliata. Ma al di là dello strumento, ciò che conta è naturalmente la strategia con cui viene impostato il flusso.

immagine di post it colorati

KPI da monitorare per ottimizzare le campagne

Una strategia di email nurturing ben progettata non può prescindere da un’attenta analisi dei risultati. I numeri, d’altronde, non servono solo a valutare cosa ha funzionato, ma anche a capire come migliorare le performance nel tempo, affinare i flussi, ottimizzare contenuti e timing.

Ecco i principali KPI da monitorare e alcuni spunti su come interpretarli:

  • Tasso di apertura (open rate): indica la percentuale di destinatari che ha aperto l’email. Un tasso basso può suggerire un oggetto poco interessante o un mittente poco riconoscibile. In questi casi può essere utile testare oggetti più orientati al beneficio, ridurre la lunghezza o rafforzare la riconoscibilità del brand.
  • Click-through rate (CTR): misura quanti utenti hanno cliccato almeno un link all’interno dell’email. Se il dato è basso rispetto all’open rate, il contenuto potrebbe non essere rilevante, la CTA poco chiara o il layout poco efficace. Per migiorare questa metrica, diventa necessario valutare di semplificare il messaggio, rendere la CTA più visibile o segmentare meglio l’invio.
  • Tasso di conversione: è il vero indicatore di successo, perché mostra quanti lead hanno compiuto l’azione desiderata (una richiesta, un acquisto, una prenotazione). Se è basso, potrebbe esserci un disallineamento tra contenuto e fase del funnel, o una frizione nella landing page. In questi casi, serve rivedere l’offerta e il percorso post-click.
  • Tempo medio di conversione: aiuta a capire quanto è lungo il percorso decisionale e se può essere ottimizzato o, in altre parole, quanto tempo impiega un lead a compiere l’azione desiderata. Se è molto lungo, potrebbe indicare un nurturing troppo diluito o poco incisivo. In questo caso conviene testare messaggi più diretti o intensificare la frequenza nella fase centrale del flusso.
  • Tasso di disiscrizione: una disiscrizione occasionale è fisiologica, ma un valore in crescita costante può segnalare contenuti non allineati alle aspettative o una frequenza troppo elevata. Per cercare di tenersi stretti i propri iscritti, potrebbe essere necessario verificare il tono, l’utilità percepita delle email e il numero di invii settimanali.
  • Interazioni secondarie: come risposte dirette, clic su link esterni o azioni successive compiute sul sito, che completano il quadro. Questi segnali qualitativi possono evidenziare un interesse reale anche in assenza di conversione immediata. Ecco perché la cosa migliore da fare è tracciarli, così da identificare pattern utili alla personalizzazione.

Monitorare i KPI giusti permette di trasformare ogni campagna in un’occasione di apprendimento. Perché, al di là delle metriche, è la capacità di interpretarle con criterio che fa davvero la differenza.

Conclusioni: molto più di una serie di email

All’inizio, l’email nurturing può sembrare semplice: una sequenza di messaggi ben scritti, qualche automazione, magari un paio di grafici per capire cosa funziona. Poi, però, ci si accorge che ogni scelta apre una nuova domanda.

Che tono usare con chi è ancora freddo? Come rendere ogni CTA coerente con il momento giusto? Quanto spesso è “troppo spesso”?
E ancora: quale oggetto cattura davvero l’attenzione? Come evitare che le email finiscano in spam? Che KPI contano davvero? E cosa succede se i lead non cliccano, ma leggono? O se cliccano, ma non convertono?

È lì che il nurturing smette di essere una questione operativa e diventa una vera disciplina di relazione. Un mix di strategia, contenuto, dati e sensibilità.

Ma non serve avere tutte le risposte in casa.
Human Analytica affianca le aziende per trasformare un flusso di email in un percorso ragionato, coerente, costruito intorno a chi conta davvero: le persone a cui ci si rivolge.

Se stai pensando di lavorare in modo più strutturato su questi temi, parliamone!