28/8/2025

Tutti i segreti del search intent: ecco perché l’intento di ricerca dev’essere la base della tua strategia SEO

Tutti i segreti del search intent: ecco perché l’intento di ricerca dev’essere la base della tua strategia SEO

Qualcuno ha appena digitato qualcosa su Google.  
Magari è un utente alla ricerca di una farmacia nelle vicinanze, oppure un potenziale cliente in cerca di un software gestionale, o ancora un imprenditore che vuole trovare la miglior strategia di marketing per promuovere il suo brand. I contesti possono essere infiniti, ma quel che rimane è che alla base di ogni ricerca c’è sempre un’esigenza specifica, un bisogno reale, spesso più chiaro nella testa dell’utente che nelle parole scritte nella barra di ricerca.
Dietro ogni parola digitata, infatti, si nasconde un'intenzione. Un obiettivo più o meno esplicito, che dà senso alla ricerca stessa. È quello che chi lavora con la SEO chiama search intent, o se vogliamo dirlo in italiano, l’intento di ricerca: il vero motivo per cui una persona effettua una certa query.  

A volte cerca una risposta veloce, altre vuole confrontare prodotti, altre ancora è pronta ad acquistare. Qualunque sia l’obiettivo, Google farà di tutto per intercettarlo e restituire contenuti coerenti con quell’intento.

Il punto è che non sempre chi crea contenuti, scrive articoli o ottimizza pagine web parte da questa consapevolezza. E così, capita che l’utente finisca su una pagina che non risponde affatto a ciò che stava cercando: una scheda prodotto quando voleva una guida, una landing aggressiva quando stava solo cercando informazioni. In questi casi, il risultato è sempre lo stesso: chiude la pagina e riparte da capo.

Il search intent non è solo una questione tecnica da lasciare agli specialisti SEO. È un concetto chiave per chiunque voglia far crescere la propria presenza online in modo strategico, perché impatta direttamente su ciò che davvero conta: la qualità del traffico, la pertinenza dei contenuti e la probabilità di conversione.

Che cos’è il search intent e perché non è un tecnicismo

Nel mondo della SEO, poche espressioni sono usate tanto quanto search intent o, in italiano, intento di ricerca. Ma cosa significa davvero?

Il search intent è il motivo che spinge una persona a digitare una certa query, l’obiettivo che guida la ricerca, la necessità che si nasconde dietro quelle parole.

In gergo, si parla anche di user intent, e il concetto resta lo stesso: ogni ricerca nasce da un’esigenza, più o meno consapevole. Sapere qualcosa, comprare un prodotto, trovare un servizio, confrontare alternative, raggiungere un sito specifico… insomma, ogni query porta con sé una direzione.

Come mai quando si compie una ricerca online si tende a veder comparire in SERP proprio quelle risorse che rispondono al proprio interesse? Semplice, perché Google ha costruito tutto il suo ecosistema proprio attorno al principio della pertinenza. Perché la SERP che restituisce non dipende solo dalle keyword presenti, ma anche da quanto bene un contenuto risponde a ciò che l’utente realmente sta cercando.

Cambia l’intento, cambiano i risultati. E per capirlo appieno basta pensare ad un esempio banalissimo: chi cerca “pizza napoletana consegna” si aspetta una lista di locali, non certo la storia della pizza margherita.

Questo spiega perché, per chi crea contenuti (e per chi vuole far crescere la propria azienda online), l’intento di ricerca è una guida preziosa. Aiuta a capire quali domande sottintendono certe query e quale tipo di risposta vale la pena offrire: una scheda prodotto, una guida pratica, una pagina comparativa.

mani con cannocchiale che sbucano dallo schermo di un cellulare a rappresentare la volontà dell'utente di cercare o, in senso lato, il search intent

Perché capire l’intento di ricerca può fare la differenza (anche nei risultati)

Non tutto il traffico è uguale. Portare mille persone su una pagina web è diverso dal portarci le cento giuste. E capire l’intento di ricerca che si nasconde dietro a una query permette di distinguere, solo per fare un esempio, tra chi è alla ricerca di informazioni, chi vuole confrontare opzioni e chi è pronto ad acquistare. Ogni intenzione porta con sé aspettative diverse — e contenuti diversi da offrire: una guida pratica, una scheda prodotto, un confronto tra soluzioni.

Capire l’intento dietro una query significa migliorare l’esperienza dell’utente, perché lo si accompagna più rapidamente verso ciò che sta cercando. E quando un contenuto risponde davvero al suo obiettivo, anche le probabilità di conversione aumentano.

D’altronde, è tutta una questione di incastri: la persona giusta, nel momento giusto, con la risposta giusta. Un’espressione che fa subito pensare alla SEM (Search Engine Marketing) e al paid advertising, dove si lavora proprio per intercettare l’intenzione dell’utente nel momento esatto in cui la manifesta.

La SEO, se ben progettata, può fare lo stesso: solo che al posto dell’asta pubblicitaria ci sono le parole, la struttura, la pertinenza. E una volta che funziona, continua a farlo nel tempo.

C’è poi un altro aspetto da non sottovalutare, soprattutto per chi gestisce un budget SEO o ha in mente un investimento in contenuti. Concentrarsi sugli intenti giusti permette di evitare sprechi, pianificare con più lucidità e produrre materiali davvero utili.

I 4 (anzi, 5) tipi di search intent

Non tutte le ricerche partono con lo stesso scopo. Alcune servono a chiarirsi le idee, altre a prendere una decisione. Ci sono quelle che indicano un interesse generico e quelle che lasciano intuire un’urgenza precisa. In certi casi basta osservare le parole usate per capire cosa si aspetta davvero l’utente: una spiegazione, un confronto, un prodotto pronto all’acquisto.

Come abbiamo già visto, distinguere questi segnali aiuta a costruire contenuti più efficaci, perché ogni intento richiede un tipo di risposta diverso. E se è vero che i confini non sono sempre netti, ci sono almeno cinque categorie che tornano utili per orientarsi.

Intento informativo: quando l’obiettivo è capire, non acquistare

Il search intent cosiddetto informativo è in assoluto il più comune. Chi fa una ricerca informativa non ha in mente un’azione immediata, ma vuole ottenere una risposta, un chiarimento, un approfondimento. Sta cercando di capire qualcosa, di imparare, di orientarsi.

Le query informative spesso iniziano con “come…”, “che cos’è…”, “perché…”, ma non è sempre così evidente: anche una semplice parola (“content marketing”, “GDPR”, “strategie e-commerce”) può nascondere un’intenzione puramente esplorativa.

In questi casi, l’utente non è ancora pronto a prendere decisioni. Sta raccogliendo informazioni, e si aspetta contenuti chiari, onesti e ben organizzati: articoli di blog, guide pratiche, video tutorial, schede di approfondimento.

Provare a vendere qualcosa a questo punto sarebbe fuori luogo e decisamente poco produttivo. È molto più utile guadagnare fiducia, offrire valore, posizionarsi come fonte autorevole. Perché magari non convertirà oggi, ma quando sarà il momento, saprà dove tornare.

esempio di search intent informativo: query "che cos'è il marketing"

Intento navigazionale: quando già si sa dove si vuole andare

Alcune ricerche online non nascono da un dubbio o da un’esplorazione, ma da un’intenzione precisa: raggiungere un sito, un servizio, una piattaforma specifica. Chi scrive “LinkedIn login”, “Home banking Intesa Sanpaolo” o “Human Analytica blog” non sta cercando informazioni: sta cercando scorciatoie. Vuole arrivare velocemente a destinazione, senza passaggi intermedi.

In questo caso, il search intent è chiaramente navigazionale. L’utente sa già cosa vuole e si aspetta che Google lo porti esattamente lì, senza deviazioni. Ecco perché, per i brand, è fondamentale presidiare bene il proprio nome e i propri asset principali: homepage, login, sezioni chiave, ma anche contenuti che vengono spesso ricercati per titolo o argomento.

Essere presenti (e ben visibili) quando qualcuno cerca direttamente il tuo brand è questione di affidabilità e riconoscibilità. Significa farsi trovare pronti quando l’utente ci cerca per davvero — magari perché ci ha già conosciuti in una fase precedente del suo percorso.

esempio di search intent navigazionale: query "login netflix"

Intento transazionale: quando arriva il momento di agire

Chi cerca “attiva abbonamento Google Workspace” o “scarica template fattura Excel” ha già deciso cosa vuole. Non sta cercando spiegazioni né confronti: ha un obiettivo pratico e vuole raggiungerlo il prima possibile.

L’intento transazionale è legato all’azione: acquistare un prodotto, prenotare un servizio, scaricare un file. In questi casi, l’utente si aspetta contenuti pratici, veloci da leggere e facili da usare.  

Una pagina ben strutturata, con le informazioni essenziali in evidenza e una call to action chiara, funziona meglio di qualsiasi testo argomentativo.

Chi risponde a un intento transazionale deve semplificare il percorso. Niente passaggi inutili, niente distrazioni: serve un contenuto che permetta all’utente di fare esattamente ciò che aveva in mente nel minor tempo possibile.

esempio di search intent transazionale: query "download adobe reader"e

Intento commerciale: quando si confrontano alternative prima di scegliere

C’è un momento, nel percorso di ricerca, in cui l’utente non è più un semplice curioso, ma non è ancora pronto ad agire. Sta valutando. Ha ristretto il campo e vuole capire quale opzione fa davvero al caso suo.

Le query con intento commerciale lo rivelano chiaramente: “miglior software per fatture elettroniche”, “CRM per PMI a confronto”, “recensioni piattaforme e-commerce”. Non c’è solo un bisogno da soddisfare, ma anche la necessità di capire quale fornitore, prodotto o servizio scegliere.

In questa fase, funzionano bene i contenuti che aiutano a orientarsi: comparazioni, recensioni, schede tecniche, case study, demo, guide all’acquisto. L’obiettivo è offrire una panoramica chiara e utile, che metta l’utente nella condizione di decidere in modo informato.

Essere presenti in questo momento significa giocare una partita importante: quella della credibilità e della trasparenza. È qui che un brand può guadagnare la fiducia necessaria per essere scelto davvero.

esempio di search intent commerciale: query "migliori piattaforme email marketing"

Intento locale: quando la ricerca ha un punto d’arrivo fisico

Nei manuali di SEO si parla di quattro tipologie principali di search intent. Ma c’è una quinta categoria, sempre più rilevante, che merita uno spazio a sé: l’intento locale.

Chi cerca “ristorante vegetariano Bologna” o “dentista aperto ora vicino a me” non vuole leggere recensioni né fare confronti infiniti: vuole andare da qualche parte. Sta cercando una risposta immediata, nel mondo reale, a portata di mappa. E si aspetta che Google sappia capirlo.

L’intento locale è legato a una geolocalizzazione precisa e a un bisogno contestuale. Proprio per questo Google ha integrato nella SERP funzioni come il local pack, le recensioni, gli orari di apertura, le indicazioni stradali. Ecco perché è fondamentale che aziende e professionisti con una sede fisica curino con attenzione la propria presenza online: Google Business Profile, sito ottimizzato localmente, contenuti coerenti.

esempio di intento locale: query "pasticcerie udine"

Ma quindi, come si fa a capire l’intento di ricerca?

Capire l’intento che si cela dietro una query non è un esercizio semplice né meccanico, ma richiede un’analisi accurata e una buona dose di interpretazione.  

Nel caso in cui la query sia di difficile interpretazione, il primo passo è osservare con attenzione i risultati che Google restituisce per quella specifica ricerca. La SERP, infatti, rappresenta una vera e propria fotografia dell’intento degli utenti: la tipologia di contenuti posizionati ai primi posti indica quale tipo di risposta Google ritiene più pertinente. Ad esempio, se prevalgono guide approfondite, sarà chiaro che l’utente cerca informazioni; se invece compaiono prevalentemente pagine prodotto o landing page con offerte, allora l’intento è probabilmente transazionale.

Per affinare l’analisi, ci si può però affidare anche a strumenti come SEOZoom o Semrush, che consentono di analizzare il search intent di una precisa parola chiave e di individuare le keyword correlate, che rispondono insomma allo stesso intento di ricerca.  

L’analisi delle SERP e l’uso degli strumenti giusti non bastano però da soli: è importante mettere in gioco anche l’esperienza e l’intuito per leggere tra le righe delle query, considerando il contesto e le sfumature che spesso sfuggono a un’analisi puramente tecnica. Solo così si riesce a interpretare correttamente l’intento di ricerca e a creare contenuti davvero efficaci, in grado di rispondere alle esigenze degli utenti e di portare risultati concreti.

Ottimizzare i contenuti a seconda del search intent: qualche dritta

La chiave per creare contenuti efficaci sta nel saper scegliere il formato e il tipo di risorsa più adatti all’intento di ricerca che si vuole intercettare. Perché al giorno d’oggi non basta più inserire le parole chiave giuste o scrivere testi ricchi di informazioni: è fondamentale offrire agli utenti esattamente ciò che si aspettano, nel modo in cui lo cercano.

Differenziare i contenuti in base all’intento significa passare da semplici testi pensati solo per “posizionarsi” a risposte mirate che soddisfano davvero le esigenze degli utenti.

Un altro elemento da considerare è la struttura del contenuto: titoli, sottotitoli e call-to-action devono essere pensati e adattati in base all’intento, guidando l’utente lungo il percorso desiderato senza distrazioni.

Di base, per ottimizzare un contenuto a seconda dell’intento di ricerca è necessario:

  • Scegliere il formato più coerente per rispondere al search intent
  • Strutturare il contenuto in modo logico e chiaro, così da facilitare la lettura e fornire le giuste informazioni
  • Adattare titolo, tono of voice e stile al pubblico e all’obiettivo della ricerca
  • Inserire le CTA necessarie per accompagnare l’utente verso il prossimo passo

E se l’intento fosse misto?

Fin qui abbiamo considerato gli intenti di ricerca come categorie ben distinte, ma la realtà è spesso più sfumata. Talvolta, una singola query può nascondere più di un intento contemporaneamente, rendendo più complesso capire quale risposta sia la più adatta.

Per esempio, una ricerca come “miglior smartphone” può essere per un brand che vende dispositivi un vero grattacapo, perché racchiudere sia la voglia di informarsi che la decisione di acquistare. In questi casi, la sfida è offrire un contenuto che sappia soddisfare più esigenze senza creare confusione.

Come muoversi allora nella creazione e nella pianificazione dei contenuti quando l’intento è ambiguo o misto? La chiave è l’equilibrio: bisogna capire qual è la prevalenza di intenti, sfruttare i dati a disposizione e progettare contenuti che siano chiari, ben strutturati e modulari, in modo da rispondere a diverse esigenze senza disperdere l’attenzione dell’utente.

Così, un punto che all’inizio può sembrare un problema (l’ambiguità di certe query) può trasformarsi in una grande opportunità. Basta integrare nel contenuto principale link strategici a risorse più specifiche e mirate, capaci di rispondere a intenti diversi ma collegati.

Quindi, via con il link diretto a una pagina prodotto così da ingaggiare chi è già pronto all’acquisto, via con il link alla scheda comparativa che mette a confronto i modelli più apprezzati per chi ancora ha dei dubbi e via anche con il link diretto all’articolo di approfondimento che spiega quali caratteristiche rendono uno smartphone davvero “il migliore”.

In questo modo, l’utente trova quello che cerca nel momento in cui lo cerca, senza sentirsi perso o costretto a fare troppi salti tra pagine diverse. E Google apprezza contenuti così strutturati, coerenti e pensati per offrire un’esperienza completa e soddisfacente.

intento di ricerca: mani che indicano la search bar di Google

Come stanno cambiando gli intenti di ricerca

Gli intenti di ricerca sono in continua evoluzione, spinti dall’innovazione tecnologica e dal modo sempre più sofisticato con cui Google interpreta le esigenze degli utenti. L’intelligenza artificiale e strumenti come la Search Generative Experience (SGE) stanno trasformando radicalmente il modo in cui le persone cercano informazioni, rendendo le query più contestualizzate, personalizzate e dinamiche.

Oggi, le parole chiave da sole non bastano più. Google integra segnali come la posizione geografica, la cronologia, le preferenze personali e persino lo stile con cui viene formulata la domanda per restituire risultati sempre più aderenti alle reali aspettative dell’utente.

Questo significa che chi lavora alla creazione di contenuti deve adattarsi rapidamente a queste nuove dinamiche, offrendo risposte che siano non solo precise, ma capaci di dialogare con un pubblico sempre più esigente e consapevole.

L’intento di ricerca non si indovina: si ascolta

Comprendere l’intento di ricerca è una vera chiave per far funzionare al meglio ogni contenuto digitale. Che si tratti di scrivere un nuovo articolo per il blog aziendale o di aggiornare una pagina prodotto, partire dalla consapevolezza di cosa l’utente sta davvero cercando consente di fare scelte più mirate, ottimizzando tempo e risorse.

Un contenuto ben allineato all’intento di ricerca attira visitatori realmente interessati, migliora l’esperienza di navigazione e aumenta le possibilità di trasformare una visita in un’opportunità concreta, come una richiesta di contatto o un acquisto. È un investimento intelligente che va oltre la semplice visibilità: crea relazioni di valore e solidità nel tempo.

Al contrario, ignorare il search intent comporta dedicare tempo e risorse alla produzione di contenuti generici o fuori target, destinati a perdersi nel mare del web senza raggiungere i risultati sperati.  

Se vuoi affrontare con successo questa sfida e far crescere davvero la tua presenza digitale, possiamo aiutarti a definire una strategia mirata, creando contenuti che parlano davvero al tuo pubblico e che trasformano il traffico in risultati concreti. Contattaci per scoprire come possiamo accompagnarti in questo percorso.